mercoledì 8 giugno 2022
Mil-tek Italia partecipa, come partner tecnico, ad un progetto siciliano finalizzato al riciclo degli abiti usati, per un mercato della moda sostenibile.
Il modo in cui si progettano e realizzano i capi di abbigliamento, e il modo in cui utilizziamo e ci liberiamo dei nostri abiti è diventato oramai insostenibile. L’industria della moda è considerata la seconda industria più inquinante al mondo, basti pensare che per produrre una t-shirt servono oltre 2 mila litri di acqua.
È un’industria globale dal valore di 2,4 mila miliardi di dollari, che impiega circa 50 milioni di persone.
Dai primi anni 2000 ad oggi la durata dei capi di abbigliamento è diminuita del 36% e oggi i vestiti, scarpe incluse, hanno una vita media inferiore ai 160 utilizzi, una situazione che genera ogni anno 16 milioni di tonnellate di rifiuti tessili nella sola Unione europea.
Le indicazioni sempre più consolidate a livello UE ed internazionale volte alla circolarità, richiedono nuovi modelli di progettazione dei prodotti (per favorire riuso, riutilizzo, recupero, separazione di fibre miste, ecc.) riducendo gli impatti ambientali e il consumo di risorse per la sua produzione (meno acqua, meno energia, meno sostanze pericolose etc.).
Tra gli obiettivi delle nuove direttive europee è previsto che i rifiuti tessili e i rifiuti pericolosi (come vernici, pesticidi, oli e solventi) dovranno essere raccolti separatamente dal 2025.
Il cosiddetto «Pacchetto di direttive sulla economia circolare» dispone che, entro il 2025, la raccolta differenziata della frazione tessile dei rifiuti urbani, oggi su base volontaria, diventi obbligatoria.
Con il decreto attuativo, l'Italia ha deciso di imporsi una scadenza anticipata, il 1° gennaio 2022.
I sistemi di raccolta differenziata dei rifiuti tessili non assorbono l’intera disponibilità di indumenti usati. I cittadini hanno infatti diverse alternative di conferimento, come le donazioni dirette ad enti caritatevoli, e i negozi dell’usato conto terzi.
Quando il reimpiego degli indumenti è frutto di canali alternativi alla raccolta differenziata del rifiuto tessile, esso è inscrivibile nella definizione di “riutilizzo”; quando invece il reimpiego riguarda ciò che viene conferito nei contenitori stradali come rifiuto si usa la definizione di “preparazione per il riutilizzo”.
Oltre che preparati per il riutilizzo, i rifiuti tessili possono essere riciclati (utilizzando le loro fibre come materia prima seconda per nuovi prodotti tessili) o recuperati in altre forme (ad esempio producendo pezzame).
In un anno hanno fatto visita agli shop Benefit circa 4.000 persone, con una media di 25-30 accessi al giorno. Nella tipologia di beneficiari diretti che usufruiscono dei servizi di BENEFIT è possibile annoverare i cosiddetti “nuovi poveri” che oggi sono sempre più spesso famiglie di professionisti, impiegati, imprenditori, che risentono gli effetti disastrosi della crisi economica, che nell’ultimo decennio ha colpito duramente il nostro Paese. Persone che non avrebbero il coraggio di rivolgersi alla parrocchia o alla Caritas.
Le fasi di lavorazione di BENEFIT sono le seguenti:
Sono previsti investimenti per migliorare l’efficienza di raccolta, stoccaggio e smistamento, introducendo tecnologie di compressione, imballaggio indumenti e TAG per controllo capi (RFID o altro sistema);
Non solo plastica e carta, quindi, ma anche i tessuti possono essere compressi e riciclati per migliorare la salute del pianeta.
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Benefit 2.0 Un modello di economia e solidarietà circolare del tessile
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