mercoledì 16 settembre 2020
Non passa giorno che sui quotidiani non leggiamo una notizia legata al mondo dei rifiuti. Troppi rifiuti per le strade, troppo poche le discariche che possono accogliere, molti i cittadini che protestano per i disservizi, ma tutti produciamo rifiuti, non solo come privati cittadini ma anche e soprattutto come aziende.
Non passa giorno che sui quotidiani non leggiamo una notizia legata al mondo dei rifiuti. Troppi rifiuti per le strade, troppo poche le discariche che possono accogliere, molti i cittadini che protestano per i disservizi, ma tutti produciamo rifiuti, non solo come privati cittadini ma anche e soprattutto come aziende.
Discariche piene e sempre più rare, contro una produzione di rifiuti sempre più massiccia. Ma chi dovrà occuparsi del problema?
E’ un problema che riguarda il singolo cittadino in qualità di fruitore di servizi o anche gli imprenditori in qualità di produttori di beni e di servizi?
Nel report della European Environment Agency, stima che nel 2030 l’uso globale delle risorse sarà circa il doppio rispetto al 2010 mentre, le ultime previsioni delle Nazioni Unite parlano di una popolazione mondiale superiore agli 11 miliardi entro la fine del 21 secolo (UN DESA, 2015). Già oggi, con “soli” 7.2 miliardi di abitanti il nostro pianeta soffre di mancanza di terra, cibo ed altre risorse naturali e discute sul problema dei rifiuti, senza contare i danni provocati dall’inquinamento dell’aria e dell’acqua.
E quindi? Quale sarebbe l’alternativa?
L’unica vera alternativa che abbiamo è mettere in pratica la teoria del “recupera”,“ricicla”, “riusa” ovvero buttare meno e usare meglio, recuperare gli scarti e far girare gli stessi prodotti senza doverne produrre di nuovi. In due parole “ECONOMIA CIRCOLARE”, ecco quello che ci salverà.
Se ne sente parlare molto, ma davvero sappiamo che cos’è e soprattutto, davvero vogliamo metterla in pratica insieme ad altre economie di mercato?
Trasformare i rifiuti in risorsa, recuperare quanto possibile di quello che apparentemente non serve più, aggiustare quello che si rompe, creare energia dai rifiuti organici e oggetti da altri oggetti, …. Questo è ciò che dovremo fare in futuro se vogliamo salvare noi e il nostro pianeta e perché no, la nostra economia.
Ma io mi chiedo: perché cambiare un componente di un elettrodomestico oggi costa più che acquistarne uno nuovo?
Esistono molte pratiche virtuose che potrebbero essere applicate in modo molto semplice e rapido. Prendiamo come esempio il vetro.
La produzione di vetro richiede sfruttamento di materie prime ed un altissimo consumo di energia, sotto forma di petrolio necessario per alimentare i forni. Il riciclaggio di una tonnellata di vetro usato permette di risparmiare fino a 136 litri di petrolio! Il vetro usato e raccolto viene lavato, frantumato, separato in base al colore ed inviato alle industrie vetrarie dove viene fuso e riutilizzato per fabbricare nuovi contenitori. Si limitano così l’estrazione delle materie prime, la massa dei rifiuti da smaltire e il consumo di combustibile nella fusione del vetro.
E’ importante sapere che per produrre nuovo vetro, utilizzando il 10% di rottame di vetro, si registra una riduzione del 2,5% di combustibile impiegato. Ancor meglio sarebbe l’acquisto di contenitori di vetro con vuoto a rendere: tutte le bottiglie infatti possono essere sterilizzate e quindi riusate fino a 50 volte!
In diversi paesi in Europa è prevista una cauzione sulle bottiglie di vetro (e anche sulle bottiglie di plastica) che può essere riscossa nel negozio dove si è fatto l’acquisto o semplicemente in altro esercizio, con la semplice consegna del vuoto.
Vi sono molti articoli in rete che parlano di Economia Circolare, e molti sono estremamente interessanti. Interessante è stato anche comprendere che anche la nostra attività di business attuale può diventare “circolare” e su larga scala si possono creare posti di lavoro e nuove attività.
Uno studio condotto da “Green Alliance”, afferma che una strategia ambiziosa per l’economia circolare potrebbe riportare sul lavoro almeno 270.000 disoccupati in Italia, Polonia, e Germania, risparmiando almeno 3 miliardi di Euro in indennità di disoccupazione.
Anche noi, nel nostro piccolo, come azienda che si occupa di ambiente, stiamo ragionando su strategie di economia circolare e stiamo studiando un modo per creare nuovi servizi ai nostri clienti basati sulle loro effettive necessità di usare il bene per lo scopo per cui è stato progettato.
Come afferma infatti uno dei padri fondatori del concetto di economia circolare, il professore Walter R. Stahel:
possedere un bene non durevole non ha senso, perché il bene non durevole è destinato a perdere il suo valore nel tempo
quindi far “circolare” i beni non durevoli offrendo servizi di noleggio, riparazione, aggiornamento, mantiene il valore nel tempo e limita la produzione di nuovi prodotti.
In quest’ottica dovremmo tutti ragionare e lavorare, produrre e proporre nuovi modelli di business.
Una sfida per i prossimi tempi o una logica conseguenza di un necessario “ritorno alle origini”, ad un mondo di persone che non possedeva ma “usava”, non buttava ma “aggiustava” o trovava il modo di non sprecare nulla perché in natura nulla va sprecato e tutto è interdipendente.
Forse per deformazione professionale, forse per indole personale, forse per un misto di tutte e due, io sono davvero convinta che abbiamo molte risorse ed è un vero peccato non usarle. A volte non le vediamo e sono proprio lì, a portata di mano.
Avete mai pensato a come far “circolare” l’economia della vostra azienda? Fatemi sapere cosa ne pensate lasciando la vostra opinione nella sezione “Commenti” sottostante oppure scrivendomi una mail.
Ringrazio tutti voi che avete letto questo articolo sul blog di Mil-tek NordEst Italia.
Facciamo Circolare l’Economia o Facciamo Economia Circolare?
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